sabato 26 novembre 2011

Presentazione campagna di comunicazione "Pisa è sviluppo" (lunedi 28‏)

In queste settimane abbiamo pensato una campagna di comunicazione che vuole rappresentare come cresce la città. Il titolo è "PISA E' SVILUPPO". Ci ho dedicato diverso tempo. Spero vi piaccia. Attendo i vostri commenti e vi aspetto:

Lunedì 28 novembre ore 18
Royal Hotel Victoria
(Lungarno Pacinotti 12, Pisa)

Un abbraccio
Antonio


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venerdì 11 novembre 2011

Bravo Mons. Giusti

Da "IL PUNTO: Sognando una squadra di fantastiche 'schiappe'" di Massimo Achini

Nella settimana che vede in campo la Nazionale, una giocata “da campione” l’ha fatta Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno. Sua Eccellenza, si è liberato al limite dell’area e ha fatto partire una “stoccata” che si è infilata dritta all’incrocio. Il bello è che non è sceso in campo: il goal da incorniciare l’ha fatto restando seduto dietro la sua scrivania.

Veniamo ai fatti. Un bimbo (come capita a troppi!) resta per buona parte del campionato seduto in panchina perché grassottello e tecnicamente scarso. Suo padre scrive una lettera al giornale locale (il Tirreno) interrogandosi sulle finalità educative di una società sportiva che (forse in buona fede) finisce per rendere tristi i ragazzi.

La lettera scatena un dibattito sulle colonne del giornale. A questo punto il Vescovo di Livorno decide di scendere in campo, dicendo con chiarezza la sua. “Mi sto adoperando per rilanciare gli Oratori in città. Penso soprattutto a quei ragazzi che rischiano di restare tagliati fuori dallo sport perché non hanno le capacità o anche solo l’interesse di dedicarsi a praticarlo in modo agonistico. Sogno una squadra di schiappe”.

Non capita tutti i giorni di assistere a un Vescovo che, in prima persona, interviene per difendere il diritto allo sport dei ragazzi. Quando capita fa piacere. Regala entusiasmo. Serve come segno di fiducia e di incoraggiamento per tutti quelli che, in Oratorio, si impegnano per l’educazione dei ragazzi e dei giovani attraverso lo sport.

Il problema non è giocare poco o giocare tanto. Il problema è rendere i ragazzi felici. Il problema è aiutarli a crescere nella vita. È vero che negli ultimi decenni la sensibilità educativa è cresciuta in tutto il “calcio giovanile”, ma è altrettanto vero che il modello “scuola calcio” che assume la l’impostazione di fabbrica di presunti campioni (illudendoli) non è definitivamente tramontato.

Purtroppo i provini, le selezioni, i titolari fissi, in squadrette con ragazzi di 12 anni, esistono ancora, e non si tratta di casi isolati.

Per una strada diversa continua ad andare lo sport in Oratorio. Sotto il campanile si continua a “ripartire in contropiede” rispetto alle logiche del nostro tempo, considerando lo sport uno strumento per educare alla vita.

Uno sport fatto bene, con allenatori e dirigenti competenti e preparati, ma assolutamente aperto a tutti. Bravi, bravini, mediocri, scarsi, schiappe conta poco… Conta amare i ragazzi e considerare lo sport uno strumento prezioso per educarli alla vita.


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LE RAGIONI DI UN IMPEGNO DIFFICILE: LA SALVEZZA DEL PAESE E LA PROTEZIONE

In poche parole (ripresa dalle note del Mattino) e dopo una lunga assenza (legata ai mille impegni lavorativi e istituzionali/organizzativi) riassumo la posizione del PD sulla scelta di un Governo Tecnico.

Come si fa a non essere completamente d’accordo? Chi pensa prima al prprio posizionamento e poi al Paese ha già perso.


Le ragioni dell’impegno del Pd a sostegno di un governo di salvezza nazionale sono chiare e non vanno smarrite.

Primo: l’Italia è sull’orlo del baratro. Se vi cadesse migliaia di imprese chiuderebbero, si perderebbero posti di lavoro, dovremmo ripagare a costi esorbitanti un debito enorme accumulato negli anni e che il governo Berlusconi ha alimentato invece di ridurre come aveva fatto il governo di Romano Prodi. Tempo da perdere non c’è, perchè il governo Berlusconi non è stato in grado di affrontare la benché minima difficoltà ed ha lasciato il paese senza credibilità e con una gran massa di risorse già bruciate: tutti i tagli subiti se ne stanno andando in fumo, resi inutili dall’aumento dei tassi di interesse che siamo costretti a pagare sul debito in scadenza per poter avere altri soldi in prestito. Dunque, bisogna cambiare il volto dell’Italia di fronte al mondo per di mostrare che gli italiani non sono Berlusconi e deve prevalere un criterio di netta discontinuità, di assoluta novità, rispetto al governo del centrodestra che ha portato l’Italia al fallimento e alla derisione.

Secondo: il Pd accetta la sfida non facile non nel proprio interesse, ma nell’interesse del paese, dei ceti meno abbienti, dei lavoratori. E’ ormai chiaro a tutti che dovranno esser fatte altre misure, ma per uscire davvero dall’angolo è indispensabile che questa volta gli interventi siano più che equi: la lotta all’evasione fiscale (che è la vera differenza dell’Italia rispetto al resto d’Europa), la tassazione dei patrimoni immobiliari (altra differenza rispetto al resto del mondo civile), vere liberalizzazioni per aprire alla concorrenza vera e dare ai giovani la possibilità di cimentarsi senza dover sottostare a barriere di ingresso ad ogni professione, lavoro, attività di impresa. E finalmente Anche un’iniziativa di politica industriale. Quanto al welfare, bisogna ripartire dalla riforma degli ammortizzatori sociali e dagli accordi che uniscano sindacati e imprenditori in uno sforzo comune, due interventi senza i quali qualsiasi intervento genererebbe solo disoccupazione, divisione, tensioni sociali.

Terzo: l’impegno del Pd riguarda anche l’avvio di una ricostruzione democratica che riguardi lo Stato, a cominciare dai costi della politica (dimezzamento del numero dei parlamentari, vitalizi e così via) e riforma della legge elettorale. Queste sono le ragioni per le quali il Pd assume il rischio, se ve ne sarà l’opportunità, di sostenere un governo di emergenza, purché abbia la credibilità necessaria e sia appoggiato da un’ampia base parlamentare.

Sulla stampa si agitano nomi, opzioni, riflessioni di comodo. Nomi non ce ne sono. Quel che c’è è il coraggio di offrire al paese una possibilità di salvezza. Fermo restando che nel caso in cui non sia possibile fare un governo di emergenza, si deve andare subito al voto, per vincere le elezioni e essere protagonisti della ricostruzione del paese.


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