In poche parole (ripresa dalle note del Mattino) e dopo una lunga assenza (legata ai mille impegni lavorativi e istituzionali/organizzativi) riassumo la posizione del PD sulla scelta di un Governo Tecnico.
Come si fa a non essere completamente d’accordo? Chi pensa prima al prprio posizionamento e poi al Paese ha già perso.
Le ragioni dell’impegno del Pd a sostegno di un governo di salvezza nazionale sono chiare e non vanno smarrite.
Primo: l’Italia è sull’orlo del baratro. Se vi cadesse migliaia di imprese chiuderebbero, si perderebbero posti di lavoro, dovremmo ripagare a costi esorbitanti un debito enorme accumulato negli anni e che il governo Berlusconi ha alimentato invece di ridurre come aveva fatto il governo di Romano Prodi. Tempo da perdere non c’è, perchè il governo Berlusconi non è stato in grado di affrontare la benché minima difficoltà ed ha lasciato il paese senza credibilità e con una gran massa di risorse già bruciate: tutti i tagli subiti se ne stanno andando in fumo, resi inutili dall’aumento dei tassi di interesse che siamo costretti a pagare sul debito in scadenza per poter avere altri soldi in prestito. Dunque, bisogna cambiare il volto dell’Italia di fronte al mondo per di mostrare che gli italiani non sono Berlusconi e deve prevalere un criterio di netta discontinuità, di assoluta novità, rispetto al governo del centrodestra che ha portato l’Italia al fallimento e alla derisione.
Secondo: il Pd accetta la sfida non facile non nel proprio interesse, ma nell’interesse del paese, dei ceti meno abbienti, dei lavoratori. E’ ormai chiaro a tutti che dovranno esser fatte altre misure, ma per uscire davvero dall’angolo è indispensabile che questa volta gli interventi siano più che equi: la lotta all’evasione fiscale (che è la vera differenza dell’Italia rispetto al resto d’Europa), la tassazione dei patrimoni immobiliari (altra differenza rispetto al resto del mondo civile), vere liberalizzazioni per aprire alla concorrenza vera e dare ai giovani la possibilità di cimentarsi senza dover sottostare a barriere di ingresso ad ogni professione, lavoro, attività di impresa. E finalmente Anche un’iniziativa di politica industriale. Quanto al welfare, bisogna ripartire dalla riforma degli ammortizzatori sociali e dagli accordi che uniscano sindacati e imprenditori in uno sforzo comune, due interventi senza i quali qualsiasi intervento genererebbe solo disoccupazione, divisione, tensioni sociali.
Terzo: l’impegno del Pd riguarda anche l’avvio di una ricostruzione democratica che riguardi lo Stato, a cominciare dai costi della politica (dimezzamento del numero dei parlamentari, vitalizi e così via) e riforma della legge elettorale. Queste sono le ragioni per le quali il Pd assume il rischio, se ve ne sarà l’opportunità, di sostenere un governo di emergenza, purché abbia la credibilità necessaria e sia appoggiato da un’ampia base parlamentare.
Sulla stampa si agitano nomi, opzioni, riflessioni di comodo. Nomi non ce ne sono. Quel che c’è è il coraggio di offrire al paese una possibilità di salvezza. Fermo restando che nel caso in cui non sia possibile fare un governo di emergenza, si deve andare subito al voto, per vincere le elezioni e essere protagonisti della ricostruzione del paese.
Come si fa a non essere completamente d’accordo? Chi pensa prima al prprio posizionamento e poi al Paese ha già perso.
Le ragioni dell’impegno del Pd a sostegno di un governo di salvezza nazionale sono chiare e non vanno smarrite.
Primo: l’Italia è sull’orlo del baratro. Se vi cadesse migliaia di imprese chiuderebbero, si perderebbero posti di lavoro, dovremmo ripagare a costi esorbitanti un debito enorme accumulato negli anni e che il governo Berlusconi ha alimentato invece di ridurre come aveva fatto il governo di Romano Prodi. Tempo da perdere non c’è, perchè il governo Berlusconi non è stato in grado di affrontare la benché minima difficoltà ed ha lasciato il paese senza credibilità e con una gran massa di risorse già bruciate: tutti i tagli subiti se ne stanno andando in fumo, resi inutili dall’aumento dei tassi di interesse che siamo costretti a pagare sul debito in scadenza per poter avere altri soldi in prestito. Dunque, bisogna cambiare il volto dell’Italia di fronte al mondo per di mostrare che gli italiani non sono Berlusconi e deve prevalere un criterio di netta discontinuità, di assoluta novità, rispetto al governo del centrodestra che ha portato l’Italia al fallimento e alla derisione.
Secondo: il Pd accetta la sfida non facile non nel proprio interesse, ma nell’interesse del paese, dei ceti meno abbienti, dei lavoratori. E’ ormai chiaro a tutti che dovranno esser fatte altre misure, ma per uscire davvero dall’angolo è indispensabile che questa volta gli interventi siano più che equi: la lotta all’evasione fiscale (che è la vera differenza dell’Italia rispetto al resto d’Europa), la tassazione dei patrimoni immobiliari (altra differenza rispetto al resto del mondo civile), vere liberalizzazioni per aprire alla concorrenza vera e dare ai giovani la possibilità di cimentarsi senza dover sottostare a barriere di ingresso ad ogni professione, lavoro, attività di impresa. E finalmente Anche un’iniziativa di politica industriale. Quanto al welfare, bisogna ripartire dalla riforma degli ammortizzatori sociali e dagli accordi che uniscano sindacati e imprenditori in uno sforzo comune, due interventi senza i quali qualsiasi intervento genererebbe solo disoccupazione, divisione, tensioni sociali.
Terzo: l’impegno del Pd riguarda anche l’avvio di una ricostruzione democratica che riguardi lo Stato, a cominciare dai costi della politica (dimezzamento del numero dei parlamentari, vitalizi e così via) e riforma della legge elettorale. Queste sono le ragioni per le quali il Pd assume il rischio, se ve ne sarà l’opportunità, di sostenere un governo di emergenza, purché abbia la credibilità necessaria e sia appoggiato da un’ampia base parlamentare.
Sulla stampa si agitano nomi, opzioni, riflessioni di comodo. Nomi non ce ne sono. Quel che c’è è il coraggio di offrire al paese una possibilità di salvezza. Fermo restando che nel caso in cui non sia possibile fare un governo di emergenza, si deve andare subito al voto, per vincere le elezioni e essere protagonisti della ricostruzione del paese.
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