giovedì 1 aprile 2010

La mossa del cavallo

di Fabiano Corsini

L’esito delle elezioni dimostra che il sistema di potere e la cultura del berlusconismo sono tutt’altro che un fenomeno superficiale e temporaneo; al di là delle vicende personali del presidente del Consiglio la società italiana si sente ancora fortemente legata a quella proposta politica, che evidentemente continua a convincere molta parte della cittadinanza. E’ anche vero, e credo sia difficilmente contestabile, che nel Paese è cresciuta un’area grandissima, forse maggioritaria, di persone che non appoggiano il governo, che non ne condividono l’ispirazione e le scelte. Ma solo una quota minoritaria di queste persone affida la sua fiducia ai partiti di opposizione. Il PD, da partito a vocazione maggioritaria, piega verso un ruolo di leadership in alleanze che evidentemente non convincono, non affascinano, non danno l’impressione di essere adeguate a dare una svolta effettiva al governo, delle regioni e del Paese.

Sbaglieremmo se non sottolineassimo, tra i risultati positivi, il ruolo di “diga democratica” che il nostro partito ha svolto e continua a svolgere. Ma sbaglieremmo anche, e di più, se non cogliessimo come tutti i segnali ci dicono che occorre mettere in campo novità significative: proposte credibili di governo, di cambiamento reale di una situazione che rischia di provocare la presa di distanza dalla politica della maggio parte dei cittadini.Se non vogliamo restare soffocati, chiusi nella “riserva” di un recinto che si sta stringendo attorno a noi, dovremo essere capaci di politiche che mostrino non tanto, e non più, la bruttezza e la inadeguatezza di chi ci governa, ma la bontà e la praticabilità delle nostre proposte. La mossa del cavallo sarà quella di mettere in campo proposte di riforma, capaci di mettere in movimento i soggetti che ora sono chiusi nel sistema berlusconiano di potere. E questo potrà accadere se saranno proposte credibili, che godano di un consenso forte tra i cittadini. Insomma, si tratta di fare i riformisti, ma di farlo sul serio. Non ci mancano i terreni su cui esercitarci e le idee: nel campo della economia ( la green economy) , in quello della Pubblica Amministrazione, del lavoro, persino del fisco. Certo, se ci preoccupiamo prima di sapere se Rifondazione o i Comunisti italiani sarebbero d’accordo, il compito diventa duro. Anche il voto pisano secondo me va letto così. Certamente la toscana e pisa sono territori liberi, di buona amministrazione, dove i processi di desertificazione culturale sono stati validamente avversati e controbilanciati da governi locali capaci di attivare consenso e partecipazione. Ma è anche vero che si colgono tanti elementi di stanchezza; si coglie anche qui la disaffezione, soprattutto là dove la “cultura dell’appartenenza” è meno radicata; dove, mi spiace essere crudo, prevalgono modelli di convivenza civile più moderni rispetto a quelli tradizionali delle periferie. Non sono giudizi di valore, non c’è una gerarchia buoni e cattivi; c’è solo la allarmata constatazione che i modelli cittadini normalmente sono predittivi, anticipano quelli delle periferie. Dunque, o cambia qualcosa, o difficilmente potremo sperare che il modello Putignano abbia successo se applicata al centro storico. Sicuramente, come si dice anche per la Lega, la presenza sul territorio è importante; non ci vuole un genio particolare per riconoscere che essere politicamente presenti è meglio che non esserci; ma non può bastare. Soprattutto non può bastare la presenza fisica se sono poco chiare le proposte politiche.

Non regge la rappresentazione di un ceto politico locale con l’anello al naso, boccheggiante davanti ad una società fatta di nuovo che avanza. Pisa, e la Toscana, non hanno certo da rimproverarsi ritardi sul piano della innovazione, amministrative e politica. Le difficoltà cha abbiamo derivano dalla ambiziosità del progetto, che è quello di affrontare la modernità senza uccidere l’uomo, di governare le contraddizioni cercando di trasformare ogni novità in una occasione per migliorare la vita di tutti. Il punto politico,per Pisa, sarà questo: conquistare la grande opinione pubblica a questo progetto, e dunque superare le zone grigie, estendere la base sociale del dibattito e della partecipazione. Mettere sul tappeto, nell’agenda politica, temi capaci di suscitare interesse e convinzione. Dovremo scegliere, ma alcuni temi si sono scelti da sé: uno è sicuramente quello della integrazione e della inclusione sociale. Quando si vede che a Tirrenia la Lega Nord si avvicina all’8%, è segno che su questo versante, del rapporto con la immigrazione, la iniziativa politica ed il governo marcano una sconfitta. Quel dato è da riferire alla presenza invadente e insopportabile di un insediamento commerciale illegale, colpa di una politica che continua ad essere percepita come ondivaga, tra la arroganza burocratica delle ordinanze ed il permissivismo acquiescente. Su questo versante il progetto deve essere più chiaro, deve assumere una importanza ben più rilevante; quando partirà il novo modello di partecipazione cittadina, una misura della sua efficacia dovrà essere valutata proprio su questo: sul piano della capacità di far esprimere le comunità locali su percorsi di integrazione e legalità.

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