mercoledì 23 giugno 2010

Coesione e tensione sociale

Come sempre condivido totalmente le posizioni di Maurizio. Il riformismo vero deve partire da qui
A

COESIONE E TENSIONE SOCIALE
di Maurizio Sereni


La coesione sociale è un punto fondamentale di qualsiasi programma di governo per le forze riformiste, ieri come oggi.
Tensione sociale è cercare di dividere un popolo, secondo un disegno verticista e reazionario. Coesione è lavorare duramente per ricercare punti di mediazione alti nell'interesse pubblico; tensione è mettere giovani generazioni contro anziani, nord contro sud, residenti contro immigrati, pro e contro Englaro, guelfi contro ghibellini.
Assumere la coesione sociale come paradigma del proprio operare, significa tenere alto il rispetto di ogni legalità, nella consapevolezza che i divari delle condizioni di partenza di ciascuno, sono ingiustizie da sanare di cui tutti sono responsabili, tanto più quanto siamo titolari di alte cariche pubbliche.
Inseguire la tensione sociale, significa firmare gli emendamenti che ripropongono ad ogni finanziaria la richiesta di un condono (fiscale, edilizio, parziale, tombale).
Coesione sociale è scegliere di stare dalla parte del lavoro dignitoso e sicuro, per una produzione di qualità che sia elemento trainante di una ripresa economica stabile; tensione è spingere i corpi sociali intermedi alla divisione e all'irresponsabilità e far credere, per questa via, che ridurre i diritti del lavoro e dei cittadini siano fattori di competitività.
Impegnarsi nel tenere unita una Nazione, è lavoro in cui tutti sono chiamati a dare il proprio contributo e comporta riequilibrare i livelli di benessere individuali nell'ottica di un beneficio collettivo necessario alla stabilità di una società, senza disconoscere il merito e le libertà individuali.
Provare quotidianamente a smontare una Nazione, è lavoro di pochi gruppi oligarchici di potere che attraverso l'imbarbarimento culturale di massa, nascondono mancanze di azioni di governo e cricche varie.
Cerchiamo come cittadini e cittadine di tenere di conto di queste differenze, specie quando si riflette sul nostro essere italiani nel 2010.

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