domenica 2 novembre 2008

GLI ELEFANTI DEL PD di Giuliano da Empoli


Fantastico il dibattito lanciato dal Riformista sul rinnovamento della classe dirigente del PD. Ieri è stato ripreso anche da una paginata intera del Corriere della Sera, sulla quale campeggiavano le immagini dei suoi protagonisti: Goffredo Bettini, classe 1952 e Ugo Sposetti, classe 1947. La foto del terzo incomodo, Gianni Cuperlo, non c’era. Si vede che alla tenera età di 47 anni non ha ancora maturato l’esperienza necessaria per esprimersi con la dovuta autorevolezza sul tema del ricambio generazionale. In compenso, ieri, su queste colonne è intervenuto un altro astro nascente del PD: Walter Tocci, classe 1952.
In attesa della discesa in campo di Pietro Ingrao e di Nicola Mancino, permettetemi una sommessa considerazione. Possibile che il pre-requisito per intervenire sul tema del rinnovamento sia di aver superato i cinquanta? Non si potrebbe almeno far finta di coinvolgere nella discussione qualcuno che non abbia mezzo secolo di vita sulle spalle? Qualcuno che sia nato, non dico nell’era del personal computer, ma almeno in quella della televisione a colori?
La risposta, ovviamente, è no. Perché i protagonisti del dibattito fanno finta di parlare di ricambio generazionale. Ma in realtà, stanno discutendo di questioni di ben altra rilevanza. Il ruolo di D’Alema, la leadership di Veltroni, il posizionamento dei vari elefanti del PD (in Francia li chiamano cosi, i cacicchi del Partito Socialista: potrebbe valere la pena di introdurre l’espressione anche dalle nostre parti).
Il contrasto con le altre pagine dei giornali non potrebbe essere più brutale. Mentre il mondo è in preda a quella che Newsweek ha definito la prima crisi globale dell’era internet. Mentre gli Stati Uniti danno una chance all’outsider più outsider che si sia mai visto nella politica americana. Mentre le strade sono invase da centinaia di migliaia di ragazzi completamente disorientati, in preda al panico per un avvenire che gli viene descritto in termini sempre più foschi, il futuro dei progressisti resta saldamente nelle mani degli elefanti.
Ho scritto più di una volta che la colpa è anche dei più giovani, che non hanno il coraggio di farsi avanti e si comportano come se avessero preso il numeretto in farmacia. E’ la sindrome di Carlo d’Inghilterra: l’interminabile attesa della morte della regina. Confermo quell’analisi, ma con una postilla.
Ho sentito con le mie orecchie, nel corso degli ultimi giorni, decine di autentici emergenti di area democrat assumere posizioni innovative e coraggiose. Alcuni hanno nomi troppo poco familiari alle orecchie allenate dei cronisti politici per avere una qualsiasi speranza di essere ascoltati. Ma perfino i più noti – gli Zingaretti, i Matteo Renzi - fanno fatica a farsi sentire. Come se gli unici titolati a invocare il ricambio fossero coloro che devono essere sostituiti, forsennatamente tormentati dalla tentazione dell’harakiri.
Messa in questi termini, la discussione in corso assume i contorni dello psicodramma. “Alla luce della sconfitta elettorale e della nostra ormai palese inadeguatezza, sarà il caso di suicidarsi?” – sembrano chiedersi gli elefanti. Alcuni paiono disposti al grande gesto – ma solo a condizione di poter designare i loro successori. Altri, comprensibilmente, oppongono resistenza. Un po’ come quei membri dell’Ordine del Tempio Solare che, all’ultimo momento, avevano cambiato idea e dovettero essere abbattuti a colpi di carabina.
Quel che non sembra essere chiaro è che il suicidio ha già avuto luogo. E’ cominciato nei lunghi anni dell’opposizione – tra il 2001 e il 2006 – quando, invece di prepararsi a governare, la sinistra ha preferito immergersi nel bagno della Santa Alleanza contro Berlusconi. E’ proseguito nella breve stagione del governo Prodi, quando la Santa Alleanza si è inevitabilmente infranta sugli scogli delle contraddizioni irrisolte e degli idoli intatti. Infine, il suicidio si è compiuto nell’aprile di quest’anno, quando il responso delle urne ha dato l’esatta dimensione dello scollamento tra la sinistra e gli elettori.
Alla luce di questo interminabile harakiri, è chiaro che la battaglia in corso è non è altro che una guerra tra zombie. Sarebbe ora che qualcuno se ne accorgesse.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Credo che noi giovani dobbiamo avere la forza di confrontarci con loro sulle idee e contenuti. Sono convinto, nella mia esperienza personale e di lavoro che con l'impegno, la passione e le idee nuove (che non vengo fuori solo dalla giovane età) alla fine le gerarchie possono essere stravolte...IL PD ha bisogno di idee nuove...altrimenti il progetto politico non decollerà mai. Bisogna rischiare e avere il coraggio di provarci, fare rete. Questa è l'unica via che conosco per dare nuova energia e futuro al pd senza pensare all'elefante...Come sempre ci proverò...e la prima tappa sono le elezioni del movimento giovanile...uniamoci e facciamo conoscere a tutti una politica nuova PER DARE concretezza alle idee
Con affetto Antonio