venerdì 20 giugno 2008

Politica interna - FINE DELLA TREGUA‏


La speranza, o forse l’illusione, di una “normalità” politica ed istituzionale sembrano vacillare: le lancette della Storia stanno forse tornando indietro, nuovamente, allo scontro fra classe politica e magistratura? Mercoledì, al Senato, ha avuto luogo una battaglia “d’altri tempi”, o almeno così ci si poteva augurare che fosse, poiché nessuno sentiva la necessità di un revival del vocabolario legato alle “toghe rosse” e, di converso, alle leggi ad personam. Nel decreto sicurezza, che sarà approvato in via definitiva martedì 24, è stato incluso il tanto criticato emendamento Vizzini-Berselli: da un lato, priorità nei processi ai reati punibili con ergastolo o pena superiore ai 10 anni e a quelli ascrivibili alla criminalità organizzata o che prevedono procedimenti con rito direttissimo o giudizio immediato; dall’altro, sospensione per i processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002 che si trovino in uno stato compreso tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado.
Il casus belli è, però, quello del congelamento del processo Mills in cui il Cavaliere è accusato di corruzione: la sospensione segue dal fatto che tale reato prevede una pena inferiore ai 10 anni e, comunque, è stato commesso nel febbraio 2001, ossia prima della (arbitraria?) linea temporale di demarcazione. Lo strappo è parso talmente forte da spingere Veltroni a denunciare la rottura del dialogo con la maggioranza e il ritorno ad un’opposizione dura ed intransigente. Dall’altro, il Premier-imputato si è difeso con una lettera al Presidente di Palazzo Madama, Schifani, nel quale proclama la propria innocenza nell’ennesimo processo considerato un piano ordito nei suoi confronti da giudici di estrema sinistra; inoltre, il Presidente del Consiglio sottolinea come la misura adottata nasca dall’esigenza di razionalizzare il lavoro dei magistrati, oberati da un numero altissimo di cause, e di conseguenza favorire i processi riguardanti i reati più gravi e che richiedano un giudizio in tempi rapidi. Le perplessità del Quirinale e la dura reazione dell’Anm che sottolinea le gravissime conseguenze che si produrranno (100 mila processi saranno sospesi) acuiscono il clima di contrapposizione, riprecipitando il paese in una situazione che ricorda quella dell’estate del 2001 all’indomani della vittoria della CdL. La Sinistra radicale, fuori dal Parlamento, spera forse che il PD sia costretto a rivedere la sua strategia dialogante, magari riassorbendo Veltroni nelle barricate dell’antiberlusconismo senza “se” e senza “ma”, mentre in Aula l’Idv di Antonio Di Pietro, alfiere di un’opposizione granitica e vieux style nei confronti del Cavaliere, si augura che il PD si ricompatti su una linea di scontro frontale. In un decreto che darà il via libera all’impiego delle forze militari per la sicurezza interna, oltre ad altre misure importanti nell’ambito del rafforzamento della legalità, non può che stridere fortemente la scelta di Berlusconi di imporre (spalleggiato dagli alleati) una misura che suona ai suoi avversari come un tentativo di sfuggire (per un anno) a una sentenza ormai attesa entro l’estate. Il compito più delicato spetta proprio al leader del PD: da un lato smarcarsi dalla mossa del Cavaliere per non apparire corresponsabile di una norma altamente controversa; dall’altro, non farsi risucchiare nella febbre delle dichiarazioni contro il pericolo del “regime” e la “fine dello Stato di diritto”: un’opposizione seria e responsabile deve saper riconoscere la necessità di riforme che l’Italia tutt’ora necessita. Marcare la propria contrarietà al provvedimento “salva-Premier” non significa riattivare il muro-contro-muro del bipolarismo bloccato della Seconda Repubblica: Veltroni deve mantenere alto il livello di responsabilità del PD, denunciando tutti gli aspetti più deleteri del decreto contestato e proponendosi come forza politica schierata nettamente a difesa della legalità e contro ogni privilegio di impunità, ma senza ripiegare in una chiusura pregiudiziale in quegli ambiti di policy dove il dialogo con la maggioranza, gioco-forza, non potrà essere evitato.(formazionepolitica)

Qual è la strategia migliore per creare un dibattito politico serio ed efficace?

Antonio

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