Care amiche e cari amici,
prima di aggiornarvi sui lavori del Consiglio, volevo dire due parole su un punto di attualità politica condivisi con gli amici del CFP. Sono convinto che a tirare troppo la corda, prima o poi si spezza. E così è stato. Certo, è singolare vedere che la rottura della trattativa tra sindacati e Cai, sia stata accolta dai dipendenti Alitalia con applausi a scena aperta. Si ha l’impressione di vivere in un modo alla rovescia oppure si viene aggrediti dal sospetto che le infinite spire del perverso intreccio politico-sindacale-aziendale di Alitalia, celi in realtà infinite risorse e prospettive, tali per cui anche una brutta notizia, a certe condizioni, possa rappresentare una buona notizia.
Mah! Nulla a che vedere con le lapidarie sentenze dell’economia e della finanza americana che – come si vede in queste settimane – quando toccano il fondo, quando spingono le regole oltre ogni sostenibilità, poi vengono chiamate a rispondere delle conseguenze duramente: per gli azionisti, per i manager, per i dipendenti, per i contribuenti e per i clienti-consumatori. Al contrario, l’odissea della vita artificiale in cui versa Alitalia da tempo ci convincono che per essa vigono delle regole completamente fuori dalle regole, certamente fuori dal mercato, come un mondo a parte.
La controproposta con la quale Cgil e sindacati autonomi chiedevano di allungare i tempi della trattativa con la compagine tutta italiana – fiore all’occhiello di Berlusconi e capitanata da Colannino - è stata rispedita al mittente. Un ultimatum non può trasformarsi in un penultimatum, pena la perdita di ogni credibilità. E non si può dire che non ci sian stati tempo e margini sufficienti per una trattativa ad ampio raggio. Ora che l’avventura della cordata patriottica - che ha tenuto banco da aprile ad oggi, prima in vesti fantasmagoriche divenute via via più concrete – ha fallito, cosa accadrà? Vi sono alternative al fallimento? La Cgil e i sindacati autonomi di Alitalia cos’hanno da festeggiare, s’immaginano un futuro migliore da quello offerto loro dalla Cai? Che immagine ha dato di sé il paese in questo frangente paradossale? E, ancora: è possibile che Berlusconi e il governo proprio non avessero messo in conto un esito negativo? Un po’ frastornati da questo strano pomeriggio italiano, certamente provati da un’estenuante e drammatica settimana di crisi dei mercati azionari, ci congediamo con un’ultima domanda: non esiste già, nei cassetti di Palazzo Chigi, un piano B e/o nei cassetti di corso d’Italia un sogno B – certamente non uguali -? Nelle prossime ore, la risposta. L’unica cosa certa è che – a oggi – il paese non è ancora riuscito a liberarsi dell’incubo Alitalia. Riusciremo, almeno, a liberarci di questa Italia e da chi la governa? La vedo dura…ma dico sempre YES WE CAN
A presto
Antonio
prima di aggiornarvi sui lavori del Consiglio, volevo dire due parole su un punto di attualità politica condivisi con gli amici del CFP. Sono convinto che a tirare troppo la corda, prima o poi si spezza. E così è stato. Certo, è singolare vedere che la rottura della trattativa tra sindacati e Cai, sia stata accolta dai dipendenti Alitalia con applausi a scena aperta. Si ha l’impressione di vivere in un modo alla rovescia oppure si viene aggrediti dal sospetto che le infinite spire del perverso intreccio politico-sindacale-aziendale di Alitalia, celi in realtà infinite risorse e prospettive, tali per cui anche una brutta notizia, a certe condizioni, possa rappresentare una buona notizia.
Mah! Nulla a che vedere con le lapidarie sentenze dell’economia e della finanza americana che – come si vede in queste settimane – quando toccano il fondo, quando spingono le regole oltre ogni sostenibilità, poi vengono chiamate a rispondere delle conseguenze duramente: per gli azionisti, per i manager, per i dipendenti, per i contribuenti e per i clienti-consumatori. Al contrario, l’odissea della vita artificiale in cui versa Alitalia da tempo ci convincono che per essa vigono delle regole completamente fuori dalle regole, certamente fuori dal mercato, come un mondo a parte.
La controproposta con la quale Cgil e sindacati autonomi chiedevano di allungare i tempi della trattativa con la compagine tutta italiana – fiore all’occhiello di Berlusconi e capitanata da Colannino - è stata rispedita al mittente. Un ultimatum non può trasformarsi in un penultimatum, pena la perdita di ogni credibilità. E non si può dire che non ci sian stati tempo e margini sufficienti per una trattativa ad ampio raggio. Ora che l’avventura della cordata patriottica - che ha tenuto banco da aprile ad oggi, prima in vesti fantasmagoriche divenute via via più concrete – ha fallito, cosa accadrà? Vi sono alternative al fallimento? La Cgil e i sindacati autonomi di Alitalia cos’hanno da festeggiare, s’immaginano un futuro migliore da quello offerto loro dalla Cai? Che immagine ha dato di sé il paese in questo frangente paradossale? E, ancora: è possibile che Berlusconi e il governo proprio non avessero messo in conto un esito negativo? Un po’ frastornati da questo strano pomeriggio italiano, certamente provati da un’estenuante e drammatica settimana di crisi dei mercati azionari, ci congediamo con un’ultima domanda: non esiste già, nei cassetti di Palazzo Chigi, un piano B e/o nei cassetti di corso d’Italia un sogno B – certamente non uguali -? Nelle prossime ore, la risposta. L’unica cosa certa è che – a oggi – il paese non è ancora riuscito a liberarsi dell’incubo Alitalia. Riusciremo, almeno, a liberarci di questa Italia e da chi la governa? La vedo dura…ma dico sempre YES WE CAN
A presto
Antonio
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