Pubblico volentieri alcune considerazioni ricevute da Federico Gelli, Vicepresidente della regione Toscana, sulla legalitàe sulla sicurezza. Temi che ha sempre affrontato con equilibrio ponendo al centro dell’attenzione la qualità della vita dei cittadini.
Un caro saluto
Antonio
Galli Della Loggia sulle pagine del Corriere di domenica scorsa (leggi l'articolo) ha lanciato una provocazione sul tema della sicurezza delle città, un argomento non banale e ricco di implicazioni. Fuori dal solito teatro che se ne fa, vorrei impostare un ragionamento partendo dai concetti di legalità e sicurezza.
Quando si riflette su parole come legalità e sicurezza bisogna intendersi. Si ha la sensazione che vengano usate con troppa approssimazione. Ad esse ognuno appende concetti diversi. La legalità, per fare un esempio, non è qualcosa di formale, di astratto, e soprattutto non è qualcosa che si può chiedere solo agli altri, a chi dissente, a chi è diverso da noi. E questo è molto importante, in un paese che spesso ha usato due pesi e due misure, che oggi invoca misure molto drastiche per ripristinare la legalità degli immigrati ma magari ha chiuso gli occhi su tipi di reati decisamente più dannosi della vendita abusiva di un accendino, quale può essere un falso in bilancio.
Io penso che la legalità significhi semplicemente cultura delle regole, delle regole condivise che consentono di vivere e vivere bene in una comunità. Delle regole che devono essere rispettate da tutti e che richiamano una responsabilità diretta, in prima persona, di ciascuno di noi. E se si pensa così. è indubbio che nel nostro paese vi sia un generalizzato deficit di legalità.
La Regione Toscana investe molto e da anni nella promozione della cultura della legalità. Stiamo lavorando molto, in particolare, con la scuola e con le associazioni che si occupano di questo tema (Arci, libera, altre) con cui da anni portiamo centinaia di ragazze e ragazzi nelle terre confiscate alle mafie, dove con il loro soggiorno, toccano con mano cosa significa vivere in terre dove la presenza della criminalità organizzata è tangibile e reale.
Il lavoro sulla legalità è complementare al lavoro sulla sicurezza. Non è forse un deficit di rispetto delle regole che porta a comportamenti sbagliati, per esempio, sulla strada. Non faccio a caso questo esempio. Da un'indagine svolta recentemente risulta che per i cittadini toscani l'insicurezza sulle nostre strade è la prima fonte di preoccupazione, davanti ad altre vere e proprie forme di criminalità, che pure sono purtroppo presenti.
Sulla sicurezza, e sulla grande domanda di sicurezza che i cittadini pongono, ovviamente ci sarebbe molto da dire. Si tratta di una domanda che è stata anche molto manipolata e strumentalizzata. Il paese di fatto però è più insicuro rispetto a qualche anno fa, ma soprattutto si percepisce più insicuro, cosa che non è affatto la stessa, come ci dimostrano molte statistiche sul crimine e sulla percezione che se ne può avere.
In ogni caso si tratta di una domanda reale, importante. Le istituzioni non possono sottrarsi a questa domanda dei cittadini, che chiedono di più della semplice sicurezza. Chiedono di poter uscire tranquillamente la sera, chiedono di poter vivere serenamente nelle loro comunità. Chiedono, direi, un diritto alla tranquillità o serenità, che è un concetto bellissimo, che mi pare attraversi tutti gli altri menzionati e che implica un impegno davvero trasversale, che va dalle politiche di prevenzione per la sicurezza fino alle politiche sociali, alle politiche urbanistiche e alle politiche dei tempi delle città, fino ad arrivare agli aspetti più puntuali e quotidiani di un'amministrazione (per esempio, come si cura un giardino pubblico o come si regola la circolazione su una strada).
Ciò che esige questo concetto di serenità è un impegno che può essere assai complesso, non fosse per le competenze che chiama in causa. Eppure rappresenta l'unica alternativa a scorciatoie che non portano da nessuna parte, se non forse all'individuazione di capri espiatori e alla demagogia di chi invoca le maniere forti. La premessa è stata lunga ma mi sembrava doverosa, perchè in realtà rappresenta il background che anima la nostra proposta di legge "in materia di contrasto al degrado e di tutela della sicurezza urbana".
La sicurezza, intesa nel suo significato più ampio, diventa uno degli impegni del governo locale, assumendo un rilievo nella strategia dell'amministrazione della cosa pubblica che non le era proprio fino alla fine degli anni novanta.
Molti enti locali si sono effettivamente mossi in questi ultimi mesi, raccogliendo anche un "invito alla creatività" che il Ministro dell'Interno ha rivolto ai sindaci. Ne è venuto fuori qualcosa che ha più a che vedere con la complicazione che con la complessità. Una valanga di provvedimenti assunti dai sindaci in qualità di ufficiali del Governo. E già qui ci sarebbe qualcosa da dire. Un profluvio di ordinanze, più o meno accettabili, più o meno comprensibili, in una logica di emergenza, che hanno creato una situazione estremamente caotica, frammentaria, incerta, con forti disomogeneità anche nello spazio di pochi kilometri. Senza dimenticare che resta tutta da dimostrare la possibilità di contrastare situazioni urbane di degrado a colpi di ordinanze.
Vorrei rilanciare una piena assunzione di responsabilità da parte del governo regionale, quale soggetto che può coordinare, dare omogeneità, armonizzare le scelte sui comportamenti rilevanti, sui provvedimenti da adottare, sulle sanzioni da contemplare.
Per questo con la nostra legge puntiamo a fornire una disciplina generale nella quale si possano inserire regolamenti comunali che intendano affrontare le questioni legate alla sicurezza urbana. Abbiamo voluto individuare i comportamenti rilevanti ai fini dell'ordinato svolgersi della vita delle comunità locali che possono essere disciplinati dalle amministrazioni comunali, distinguendo bene tra concetti come: la convivenza civile, la vivibilità, l'igiene e il pubblico decoro, la quiete e la tranquillità delle persone.
Mi pare importante sottolineare che accanto all'individuazione dei comportamenti rilevanti abbiamo prodotto un'attenta analisi sugli spazi pubblici, come premessa ad interventi che ci consentano di sottrarli al degrado fisico.
Ritengo che occuparsi del disegno urbano, cioè dell'organizzazione degli spazi, dell'impianto degli edifici, dell'uso dei piani terra e dei piani superiori, della struttura delle aree versi, del tracciato delle strade, dell'illuminazione e dell'ubicazione delle fermate del trasporto pubblico, possa rendere le nostre città più vivibili e concorre ad aumentare la fiducia dei cittadini, mentre un disegno urbano mal concepito può produrre spazi vuoti, ambienti squallidi, generare paura e attrarre comportamenti incivili e atti criminali.
In questo paese troppe volte senti invocare l'uso dell'esercito o delle forze dell'ordine, come soluzioni a problemi che richiedono risposte ben più articolate e complesse. Allo stesso modo troppo spesso abbiamo sentito parlare di cittadini armati, di ronde, di appelli all'autodifesa, di tentativi di far passare l'idea di punizioni draconiane o esemplari...
C'è bisogno di molto buon senso, di equilibrio. Per capire, ad esempio, che non c'è bisogno di pene esemplari, ma semmai c'è necessità di pene certe, di una giustizia che funzioni, in grado di assolvere le sue funzioni in tempi accettabili; che non c'è bisogno di presidi militari nelle nostre strade, ma semmai di risorse e mezzi per le forze dell'ordine che devono essere messe in grado di lavorare e valorizzate nella loro professionalità; e che i nostri quartieri, le nostre periferie, potranno diventare davvero sicure solo anche quando saranno più vivibili.
Un caro saluto
Antonio
Galli Della Loggia sulle pagine del Corriere di domenica scorsa (leggi l'articolo) ha lanciato una provocazione sul tema della sicurezza delle città, un argomento non banale e ricco di implicazioni. Fuori dal solito teatro che se ne fa, vorrei impostare un ragionamento partendo dai concetti di legalità e sicurezza.
Quando si riflette su parole come legalità e sicurezza bisogna intendersi. Si ha la sensazione che vengano usate con troppa approssimazione. Ad esse ognuno appende concetti diversi. La legalità, per fare un esempio, non è qualcosa di formale, di astratto, e soprattutto non è qualcosa che si può chiedere solo agli altri, a chi dissente, a chi è diverso da noi. E questo è molto importante, in un paese che spesso ha usato due pesi e due misure, che oggi invoca misure molto drastiche per ripristinare la legalità degli immigrati ma magari ha chiuso gli occhi su tipi di reati decisamente più dannosi della vendita abusiva di un accendino, quale può essere un falso in bilancio.
Io penso che la legalità significhi semplicemente cultura delle regole, delle regole condivise che consentono di vivere e vivere bene in una comunità. Delle regole che devono essere rispettate da tutti e che richiamano una responsabilità diretta, in prima persona, di ciascuno di noi. E se si pensa così. è indubbio che nel nostro paese vi sia un generalizzato deficit di legalità.
La Regione Toscana investe molto e da anni nella promozione della cultura della legalità. Stiamo lavorando molto, in particolare, con la scuola e con le associazioni che si occupano di questo tema (Arci, libera, altre) con cui da anni portiamo centinaia di ragazze e ragazzi nelle terre confiscate alle mafie, dove con il loro soggiorno, toccano con mano cosa significa vivere in terre dove la presenza della criminalità organizzata è tangibile e reale.
Il lavoro sulla legalità è complementare al lavoro sulla sicurezza. Non è forse un deficit di rispetto delle regole che porta a comportamenti sbagliati, per esempio, sulla strada. Non faccio a caso questo esempio. Da un'indagine svolta recentemente risulta che per i cittadini toscani l'insicurezza sulle nostre strade è la prima fonte di preoccupazione, davanti ad altre vere e proprie forme di criminalità, che pure sono purtroppo presenti.
Sulla sicurezza, e sulla grande domanda di sicurezza che i cittadini pongono, ovviamente ci sarebbe molto da dire. Si tratta di una domanda che è stata anche molto manipolata e strumentalizzata. Il paese di fatto però è più insicuro rispetto a qualche anno fa, ma soprattutto si percepisce più insicuro, cosa che non è affatto la stessa, come ci dimostrano molte statistiche sul crimine e sulla percezione che se ne può avere.
In ogni caso si tratta di una domanda reale, importante. Le istituzioni non possono sottrarsi a questa domanda dei cittadini, che chiedono di più della semplice sicurezza. Chiedono di poter uscire tranquillamente la sera, chiedono di poter vivere serenamente nelle loro comunità. Chiedono, direi, un diritto alla tranquillità o serenità, che è un concetto bellissimo, che mi pare attraversi tutti gli altri menzionati e che implica un impegno davvero trasversale, che va dalle politiche di prevenzione per la sicurezza fino alle politiche sociali, alle politiche urbanistiche e alle politiche dei tempi delle città, fino ad arrivare agli aspetti più puntuali e quotidiani di un'amministrazione (per esempio, come si cura un giardino pubblico o come si regola la circolazione su una strada).
Ciò che esige questo concetto di serenità è un impegno che può essere assai complesso, non fosse per le competenze che chiama in causa. Eppure rappresenta l'unica alternativa a scorciatoie che non portano da nessuna parte, se non forse all'individuazione di capri espiatori e alla demagogia di chi invoca le maniere forti. La premessa è stata lunga ma mi sembrava doverosa, perchè in realtà rappresenta il background che anima la nostra proposta di legge "in materia di contrasto al degrado e di tutela della sicurezza urbana".
La sicurezza, intesa nel suo significato più ampio, diventa uno degli impegni del governo locale, assumendo un rilievo nella strategia dell'amministrazione della cosa pubblica che non le era proprio fino alla fine degli anni novanta.
Molti enti locali si sono effettivamente mossi in questi ultimi mesi, raccogliendo anche un "invito alla creatività" che il Ministro dell'Interno ha rivolto ai sindaci. Ne è venuto fuori qualcosa che ha più a che vedere con la complicazione che con la complessità. Una valanga di provvedimenti assunti dai sindaci in qualità di ufficiali del Governo. E già qui ci sarebbe qualcosa da dire. Un profluvio di ordinanze, più o meno accettabili, più o meno comprensibili, in una logica di emergenza, che hanno creato una situazione estremamente caotica, frammentaria, incerta, con forti disomogeneità anche nello spazio di pochi kilometri. Senza dimenticare che resta tutta da dimostrare la possibilità di contrastare situazioni urbane di degrado a colpi di ordinanze.
Vorrei rilanciare una piena assunzione di responsabilità da parte del governo regionale, quale soggetto che può coordinare, dare omogeneità, armonizzare le scelte sui comportamenti rilevanti, sui provvedimenti da adottare, sulle sanzioni da contemplare.
Per questo con la nostra legge puntiamo a fornire una disciplina generale nella quale si possano inserire regolamenti comunali che intendano affrontare le questioni legate alla sicurezza urbana. Abbiamo voluto individuare i comportamenti rilevanti ai fini dell'ordinato svolgersi della vita delle comunità locali che possono essere disciplinati dalle amministrazioni comunali, distinguendo bene tra concetti come: la convivenza civile, la vivibilità, l'igiene e il pubblico decoro, la quiete e la tranquillità delle persone.
Mi pare importante sottolineare che accanto all'individuazione dei comportamenti rilevanti abbiamo prodotto un'attenta analisi sugli spazi pubblici, come premessa ad interventi che ci consentano di sottrarli al degrado fisico.
Ritengo che occuparsi del disegno urbano, cioè dell'organizzazione degli spazi, dell'impianto degli edifici, dell'uso dei piani terra e dei piani superiori, della struttura delle aree versi, del tracciato delle strade, dell'illuminazione e dell'ubicazione delle fermate del trasporto pubblico, possa rendere le nostre città più vivibili e concorre ad aumentare la fiducia dei cittadini, mentre un disegno urbano mal concepito può produrre spazi vuoti, ambienti squallidi, generare paura e attrarre comportamenti incivili e atti criminali.
In questo paese troppe volte senti invocare l'uso dell'esercito o delle forze dell'ordine, come soluzioni a problemi che richiedono risposte ben più articolate e complesse. Allo stesso modo troppo spesso abbiamo sentito parlare di cittadini armati, di ronde, di appelli all'autodifesa, di tentativi di far passare l'idea di punizioni draconiane o esemplari...
C'è bisogno di molto buon senso, di equilibrio. Per capire, ad esempio, che non c'è bisogno di pene esemplari, ma semmai c'è necessità di pene certe, di una giustizia che funzioni, in grado di assolvere le sue funzioni in tempi accettabili; che non c'è bisogno di presidi militari nelle nostre strade, ma semmai di risorse e mezzi per le forze dell'ordine che devono essere messe in grado di lavorare e valorizzate nella loro professionalità; e che i nostri quartieri, le nostre periferie, potranno diventare davvero sicure solo anche quando saranno più vivibili.
1 commento:
La tematica legalità/sicurezza porta con sé un altro nesso funzionale: sicurezza e crescita, intesa come prospettiva economica. Difatti la sicurezza dovrebbe essere vista come un elemento, un fattore di contesto, per cui dove non c’è legalita, dove manca la sicurezza qualsiasi prospettiva di sviluppo è occasione di criminalità, di arricchimento illegale. Per cui sarebbe fondamentale assicurare e trovare dei percorsi di prevenzione del crimine attraverso l’ausilio e in sinergia con organi che assicurino la legalità nella modalità di intervento.
Giulia Carnà
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