sabato 14 febbraio 2009

Il futuro di Israele legato ad un Governo di unità nazionale

Le recenti elezioni per il rinnovo della Knesset hanno portato ad una situazione abbastanza confusa, in cui non sarà facile trovare un punto di equilibrio che consenta la stabilità necessaria per governare il paese. Nessun Partito è infatti riuscito a vincere con un margine di scarto tale da poter avere una maggioranza forte in Parlamento e le formazioni rappresentanti delle minoranze nazionaliste del paese hanno ottenuto risultati importanti se messi a confronto con quelli ottenuti da Kadima e dal Likud. Nessun vincitore, quindi, ma un solo grande sconfitto: il Partito Laburista guidato da Ehud Barak, relegato al quarto posto e sorpassato dalla formazione di estrema destra Israel Beitenu. Il Partito guidato da Avigdor Lieberman, presentatosi con un programma dai toni estremisti ed anti-arabi, potrebbe essere in grado di rompere gli equilibri politici nel paese.
Non sarà facile per il Presidente Shimon Peres decidere chi, tra Tzipi Livni e Benjamin Nethanyau, avrà l’incarico di formare il prossimo Governo. La situazione appare ancora incerta ma sembra farsi sempre più insistente nelle ultime ore la notizia che il leader del Likud sarebbe in vantaggio rispetto al Ministro degli Esteri uscente perché in grado di formare una coalizione che potrebbe contare su 61 seggi alla Knesset, necessari per poter ottenere il voto di fiducia del Parlamento.
Mentre le linee di politica estera di un’eventuale esecutivo guidato da Tzipi Livni possono immaginarsi fin d’ora come naturale proseguimento di quelle mantenute nel corso degli ultimi anni, rimangono tutte da valutare le posizioni di un Governo guidato da Nethanyau e sostenuto dalle formazioni di estrema destra o nazionaliste. Le affermazioni del capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, secondo cui i risultati elettorali mostrerebbero la volontà degli israeliani di favorire una paralisi dei rapporti, sono da leggersi come un primo campanello d’allarme rispetto alla possibilità che il processo di pace possa naufragare come già successo in passato. Neanche le dichiarazioni di Shimon Peres, che ha sottolineato come il prossimo esecutivo non dovrà bloccare le trattative con i palestinesi, sembrano quindi poter garantire un futuro certo per i negoziati tra i due Governi. La scelta del prossimo premier sarà fondamentale non solo per ridefinire i rapporti di forza politici all’interno di Israele ma ancor più per determinare le posizioni future rispetto alle questioni riguardanti la sicurezza nazionale e gli equilibri regionali. La formazione di un Governo di unità nazionale, composto da Kadima e Likud, sembra costituire al momento l’unica possibilità per mantenere aperto un canale negoziale credibile e duraturo. Non è quindi da escludersi la possibilità che i due candidati decidano di unire i seggi raccolti nelle ultime elezioni per poter formare una maggioranza solida ed in grado di sfidare anche le scelte più impopolari, utili però per raggiungere un accordo di pace che possa metter fine alle ostilità con il Governo palestinese.

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