Un partito appena nato. Un segretario, il primo segretario del partito “nuovo”, che rassegna le dimissioni dopo appena 16 mesi. Un’assemblea costituente o nazionale da 3000 candidati – o sono di meno? o sono di più?) convocata con grande urgenza perché le dimissioni di Veltroni sono state improvvise, benché la crisi duri dalla nascita del partito - anzi ha solide radici e profonde ragioni che precedono la sua costituzione - perché il momento è grave, il partito deve decidere del proprio destino e della propria identità, ma non si presenta nemmeno la metà dei delegati e l’assemblea decide di non decidere ossia di ratificare la decisione già presa dai vertici del partito quattro giorni prima nel momento stesso in cui si è preso atto delle dimissioni di Veltroni.
Franceschini segretario. Perfetto, tutto si tiene. Lo strappo c’è stato, ma è stato subito ricucito. Si fa finta di niente, si va avanti. Si ricomincia come prima. Franceschini (devo dire che il suo discorso alla Fiera è stato molto molto interessante e ci da spunti di discussione e di costruzione, se davvero tutti lo seguissero) nella sua prima uscita da segretario del Pd attacca Berlusconi che è contro la Costituzione e Bersani, che si è candidato alla segreteria due settimane prima delle dimissioni di Veltroni ma poi, al momento giusto, è rimasto al suo posto, ha già dichiarato che il discorso di Franceschini non gli è piaciuto. Insomma, nulla cambia. Ma il punto è questo: per quanto ancora il Partito democratico sarà così immaturo da ritenere di avere il lusso di occuparsi di se stesso e non del paese, o meglio per quanto ancora il PD potrà pensare che il Paese può fare a meno della sua forza? Sarà forse il caso di ripartire dai territori e dal loro contatto con la gente?
martedì 24 febbraio 2009
Decidere di non decidere
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Attualità politica,
Interventi programmatici
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