di Giuseppe Alberto Falci
Nella settimana post aggressione al Premier Silvio Berlusconi, implode su stesso il Partito Democratico, succube della contrapposizione storica tra Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Sembrava che il clima si fosse disteso, che gli animi si fossero chetati, che l’odio fra le due fazioni fosse stato messo in disparte. E invece, l’opposizione democratica si divide al suo interno, ribattendosi intervista su intervista. Prima Massimo D’Alema dalle colonne del Corriere della sera ricorda:” Bisogna fermare la spirale dei due populismi che si alimentano a vicenda. Bisogna avere il coraggio di dire che le riforme istituzionali comportano una comune assunzione di responsabilità, senza temere l’accusa di volere fare inciuci”. “Se per evitare il processo a Berlusconi devono evitare centinaia di imputati di gravi reati, è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per il limitare il danno all’ordinamento e alla sicurezza dei cittadini”.
Un personaggio come Veltroni non riesce a tacere di fronte al sospetto in lui fortissimo che si sia riaperta una trattativa più o meno sottorrenea in cui da una parte si offre a Berlusconi di non fare le barricate contro il legittimo impedimento e dall’altra gli si chiede una riforma elettorale vicina al sistema tedesco. Durante il plenum di “Area Democratica” a Cortona, Veltroni ce l’ha proprio con D’Alema:” E’ assolutamente strumentale: non si può dire che Berlusconi deve essere ridotto a fare il mendicante e poi un’altra trattarlo come se fosse De Gasperi”.
L’ex segretario del Partito Democratico la pensava diversamente fino all’altro ieri. Nel discorso del Lingotto, 27 Giugno 2007, Walter Veltroni pronunciò ben altre parole: “ Dobbiamo farla finita con lo scontro frontale e con i veleni. Il paese di tutto questo è stanco, non ne può più, non vuole una politica avvolta nell’odio in cui l’altro è nemico”. Di lì a poco Veltroni si incontrò con Berlusconi e rilasciarono ai giornali una dichiarazione che confermò l’intesa e cercò di tranquillizzare i cespugli dei due schieramenti: “ Noi cerchiamo – dicono - dialogo e convergenza con tutti a prescindere dalla grandezza di una forza rispetto a un ‘altra”. Queste parole smentiscono l’attuale pensiero veltroniano: antiinciucista e antidalemiano a prescindere. A quale Veltroni credere? A quello che ha fatto sognare mezza Italia, che non ha nominato il suo avversario durante la campagna elettorale del 2008, che ha proposto alla parte avversa delle regole comuni quando era capogruppo dell’opposizione, oppure al Veltroni di questi giorni, che si riunisce con la sua corrente a Cortona, e che pronuncia delle parole che non fanno ben sperare per il Pd?
Ancora una volta all’interno del Pd ci si divide. Da un lato Veltroni e il capogruppo della Camera Dario Franceschini e dall’altra D’Alema e tutto il suo entourage. E’ chiaro che Bersani, cui il ruolo di segretario impone un comportamento neutrale onde evitare spaccature all’interno del partito, dica “voteremo contro il legittimo impedimento” ma, precisi “ non faremo le barricate”. Compito dell’attuale segretario è quello di evitare personalismi e contrapposizioni di vecchia data, e di far prevalere una linea unitaria per il bene di chi ha creduto e crede, tuttora, in questo progetto di partito e di Italia. E sperare che la contrapposizione tra i due ex leader della Sinistra non sia, come qualcuno crede, uno strumento per conquistare la Presidenza del Copasir – il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti – visto che Francesco Rutelli si è ufficialmente dimesso?
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